In conversazione con Giovanni Aloi
- Redazione
- 14 mar 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Intervista al pianista e compositore italiano residente negli Stati Uniti che ha da poco lanciato il suo ultimo disco “Moths”. Nils Frahm, Ólafur Arnalds, Hans-Joachim Roedelius, Fiona Bruce, Shida Shahabi, Keith Jarrett, fra le sue influenze artistiche.

Un artista poliedrico che ha iniziato presto a studiare e produrre musica in vari generi e stili.
Le mie composizioni, ugualmente informate dalla musica classica ed elettronica, esplorano la comunicazione non verbale come opportunità per scrivere e narrare forme di mitologia personale.
Qual è stata la molla che ti ha portato a rendere la musica da passione a professione?
Io direi che la musica è una delle mie tante professioni una legata all’atra. Sono interessato alle analogie creative che legano diversi media espressivi come la pittura, la fotografia, la musica e la scrittura. Il mio lavoro si concentra sulla rappresentazione della natura. Come possono le espressioni creative colmare il vuoto che per millenni ci ha separato dal resto del mondo naturale? Ho pubblicato numerosi libri sull'argomento con editori d'arte come Phaidon e Prestel, ed ha curato mostre d'arte che esplorano la rappresentazione di animali e piante, nonché l'impatto del cambiamento climatico. Le mie composizioni, ugualmente informate dalla musica classica ed elettronica, esplorano la comunicazione non verbale come opportunità per scrivere e narrare forme di mitologia personale.
Puoi raccontarci qualcosa sul tuo nuovo lavoro discografico “Moths”?
Moths è il risultato di un periodo complesso dal 2016 al 2020 che ho vissuto a Chicago durante la presidenza di Donald Trump: il razzismo, fascismo, le insurrezioni, la violenza. Lavorare su Moths mi ha dato il tempo, lo spazio, e la concentrazione necessaria per trovare un equilibrio. Penso l’album sia una riflessione sulla ciclicità della vita come essenza concettuale, comportamentale, e biologica. Le falene sono simultaneamente metafore di memorie e ciclicità ma anche punti di riferimento stilistici e compositivi. Moths foneticamente echeggia la parola thoughts. Ho quindi cominciato a seguire questa affinità in relazione alla ciclicità di quei pensieri che non mollano e che per una ragione od un’altra si ripresentano periodicamente quasi imponendoci di trovare una soluzione, di rassegnarci, o di insistere. Mi è sembrato che le melodie che mi giravano intorno in quel periodo avessero una simile tendenza.
Giovanni ci svela...
Per me comporre è parte di un processo meditativo. Di solito inizia con una melodia che emerge da una situazione. Penso sia un processo di traduzione spontanea di alcuni fattori che mi circondano.
Quali sono i generi musicali che ami ascoltare (e chi in particolare artista/gruppo)?
Ascolto di tutto e traggo da ogni genere qualche invenzione compositiva o ritorno strutturale che poi re-invento per il genere nel cui lavoro. Molti dei pezzi che ho registrato per Moths sono strutturalmente ispirati alla musica pop nel senso che la struttura si ripete con strofe e intercalari di una certa semplicità ed efficacia emotiva. La complessità è stratificata negli arrangiamenti. Per quello che riguarda le influenze più dirette ascolto una combinazione di neo-classica contemporanea e jazz: Nils Frahm, Ólafur Arnalds, Hans-Joachim Roedelius, Fiona Bruce, Shida Shahabi, Keith Jarrett, Lukas Boysen, Erik Satie, Max Richter, and Peter Broderick. E sono anche un patito di elettronica da Air a Bords of Canada, Lunz, Daft Punk, Plaid…
C’è un episodio (o un incontro) nella tua carriera che è stato particolarmente significativo?
Tantissimi, ma un momento speciale è sicuramente stato nel 2000 quando vivevo a Londra con degli amici carissimi. All’epoca eravamo tutti squattrinati e io volevo comprare un piano – cosa impossibile. Quell’inverno, durante un trasloco l’autista della compagnia che avevamo ingaggiato disse che gli capitava spesso di incontrare padroni di casa che volevano disfarsi di pianoforti, gratis. Per loro, che non lo suonavano più era un ingombro. Lui mi disse: se vuoi la prossima volta che ne trovo uno ti chiamo e te lo porto. E fu’ esattamente così. Una sera, dopo due settimane questo corpulento piano della fine 1800 con tasti in avorio arrivò a casa. Le condizioni non erano ottime. Alcuni tasti non funzionavano e buona parte delle corde andavano rimpiazzate. Ma era un piano bellissimo. A salvare la situazione arrivò l’accordatore personale di Tori Amos che un mio amico aveva conosciuto al pub in quel periodo. Trevor Lowe, viveva poco distante da noi ed era diventato accordatore a causa di una forma di artrite debilitante che lo aveva colpito mentre studiava al conservatorio. Per lui riparare il piano diventò un hobby, un modo per passare il tempo quando non lavorava con Tori e per chiacchierare. Arrivava al mattino, parlavamo di musica e dei tour con Tori che lo portavano in giro per il mondo – mangiavamo un panino, poi il caffè. Ripassava quando poteva con dei pezzi di ricambio. In un paio di settimane, il piano, che a quel punto era stato soprannominato Golem, come il Golem di Praga a causa della statura, era stato trasformato in un gioiello. Trevor era precisissimo e ci teneva a raggiungere la perfezione. La parte più bella e che non volle mai essere pagato.
Dove cerchi l’ispirazione per le tue composizioni?
Per me comporre è parte di un processo meditativo. Di solito inizia con una melodia che emerge da una situazione. Penso sia un processo di traduzione spontanea di alcuni fattori che mi circondano. Un qualsiasi evento può far scattare una sequenza di note. Non mi siedo mai al piano con l’intento di comporre una melodia. Ho bisogno di uno spunto come partenza e come un ancora alla quale io possa ritornare. Almeno questo è quello che successo durante il percorso che mi ha portato a finalizzare Moths.

sempre più musica nel suo futuro...
Molta più accessibilità a generi e artistici che non si riuscivano ad ascoltare prima.
Quali sono gli strumenti che usi per l’esecuzione dei tuoi lavori?
Ho un pianoforte Yamaha, e una serie di plug-in che colleziono man mano e che uso con Pro Tools.
Cosa vedi nel tuo futuro musicale?
Molta più musica. Molta più creatività. Molta più accessibilità a generi e artistici che non si riuscivano ad ascoltare prima.

Bio artista
Giovanni Aloi è interessato alle analogie creative che legano diversi media espressivi come la pittura, la fotografia, la musica e la scrittura. Di conseguenza, la sua pratica creativa è una combinazione di diversi formati e progetti, ciascuno in modi diversi correlati e interconnessi. Il lavoro di Aloi si concentra sulla rappresentazione della natura attraverso le arti. Come possono le espressioni creative colmare il vuoto che per millenni ci ha separato dal resto del mondo naturale? Aloi ha pubblicato numerosi libri sull'argomento con editori d'arte come Phaidon e Prestel, ed ha curato mostre d'arte che esplorano la rappresentazione di animali e piante, nonché l'impatto del cambiamento climatico. Le sue composizioni, ugualmente informate dalla musica classica ed elettronica, esplorano la comunicazione non verbale come opportunità per scrivere e narrare forme di mitologia personale. "Moths" è il suo nuovo lavoro discografico (https://www.aloi-moths.com).
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